Konfessionelle Netzwerke der Deutschen in Russland 1922–1941

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Dokument Nr. 4

1. Die russlanddeutschen Geistlichen in der internationalen Diplomatie

Segreteria di Stato, Sezione per i Rapporti con gli Stati, Archivio Storico (S.RR.SS.),
Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari (AA.EE.SS.),
Russia (1926),
Pos. Scat. 659 P.O.,
Fasc. 46,
Fol. 36r-43r

Datum: 9. April 1926
Verfasser: Michel d’Herbigny
Inhalt: Gespräch d’Herbignys in Moskau mit dem deutschen Botschafter Brockdorff Rantzau. Er verfolge keine politische oder diplomatische Mission, berichtet aber vom deutschen Priester Frison, der zu zwei Jahren Haft verurteilt wurde. Brockdorff Rantzau verweist auf sein Engagement für die Religion und für verfolgte katholische Geistliche in der Sowjetunion und wünscht, in mögliche Verhandlungen zwischen dem Heiligen Stuhl und Moskau eingeschaltet werden.

[auf handschriftlichem Zettel eingefügt:]
“Nota, su una visita al Conte Von Brockdorff Rantzau di S. E. d’Herbigny, alla Segreteria di Stato
8 aprile 1926
Si racconta come l’ambasciatore tedesco mi detta [fece] visita volesse sapere se S. E. era stato mandato per missione diplomatica e politica in Russia”
 
 
NOTA SU UNA VISITA AL CONTE VON BROCKDORFF RANTZAU
l’8 di Aprile 1926
 
Arrivato a Mosca la mattina del Giovedì Santo, 1o d’Aprile, subito cominciai le funzioni sacre del Giovedì Santo (già con molte confessioni e communioni [comunioni], filo alle 2 del pomeriggio) e poi del Venerdì S. e del Sabato S. = Nel pomeriggio del Sabato S. utilizzai il primo momento libero presentandomi all’Ambasciata tedesca, dove mi fu detto che il Conte Ambasciatore abitava in altro palazzo, ma che potevo essere ricevuto dal Consigliere (Gesandtschaftsrat) Hey.
A quest’ultimo dissi dunque, che, essendo venuto a Mosca per l’aiuto spirituale dei cattolici di lingua non polacca e non russa, lo pregavo di far sapere alla parte cattolica della colonia tedesca l’opportunità di confessarsi per le feste di Pasqua, durante tutta la settimana seguente.
Il colloquio fu breve, cordiale, tutto in tedesco. Dissi che non avevo intenzione di visitare le altre ambasciate, che potevano essere avvisate di altra maniera, ma che per speciale cortesia avevo voluto informare la colonia tedesca per la via del suo Ambasciatore: al quale il Consigliere mi disse che avrebbe fatta relazione. Interrogato, dissi che non avrei l’indiscrezione di disturbare l’Ambasciatore tedesco, tanto occupato, giacché lo scopo spirituale della mia visita sarebbe ottenuto se la colonia tedesca cattolica era informata. E – per transennam – dissi che non avendo missione politica o diplomatica, preferivo di [di] non moltiplicare le visite alle Missioni diplomatiche, per non offendere né i Sovieti [sovietici], se visitassi tutte le missioni o molte, nèanche [neanche] le missioni altre non visitate, le quali potrebbero meravigliarsi se andassi inutilmente (per il mio unico scopo spirituale) presso le altre.
Dopo quel colloquio del Sabato Santo, 5 di Aprile, continuai il mio lavoro spirituale della Chiesa San Luigi, alla quale molti forestieri delle diverse lingue vennero a confessarsi e a comunicarsi.
Il mercoledì 7 Aprile, nel pomeriggio, essendo tornato all’albergo pochi minuti fra due visite a malati, vidi entrare presso di me [la mia dimora] un corriere dell’Ambasciata tedesca, con una lettera del Consigliere Hey che chiedeva un appuntamento per l’indomani. Dissi che l’avrei visitato il giovedì 8, all’ora più conveniente per lui, la quale mi fu detta di essere all’1, ½.
Arrivato all’1, ½, fui ricevuto dal Consigliere Hey, che aveva seco [con sé] un altro, e subito fui interrogato se la mia precedente dichiarazione che non avrei fatto visita speciale all’Ambasciatore nel suo palazzo privato, risultava da una istruzione datami dalle autorità romane o altro. Con semplicità ed amichevole sorriso, dissi di no, come era ben chiaro dal fatto che avevo chiesto la prima vola se l’Ambasciatore dopo che avevo dato avviso al suo rappresentante sullo scopo spirituale della mia visita. Il consigliere Hey insistette, chiedendo se accetterei però o se rifiuterei di far visita all’Ambasciatore. Dissi che mi trovavo pronto di [ad] andare subito, e, dopo che il Consigliere ebbe telefonato, l’appuntamento venne fisso [fissato] alle 9 nella serata dello stesso giovedì 8 di Aprile. Il colloquio continuò amichevolmente con i due sulla condizione dei malati non russi in Mosca, e anche tentai d’interessarli alle sorti del Rev.do Frison, di origine tedesca, recentemente condannato a due anni di prigione. Il loro atteggiamento mi fece allora pensare che volevano riservare la libertà all’Ambasciatore sulla questione.
Arrivato la sera alle 9 presso l’Ambasciatore e ricevuto con solennità da un personale più numeroso che dappertutto altrove, venni introdotto presso l’Ambasciatore, il quale subito cominciò con un lungo discorso. = Essendo, diceva lui, tanto attivo nelle cose religiose, nel servizio della Santa Sede, avendo in Mosca una posizione molto superiore a tutti gli altri Capi delle Missioni forestiere, stando in corrispondenza con il Nunzio a Berlino sulle cose religiose, aveva il diritto di essere informato di ogni passo che la Santa Sede aveva intenzione di fare nella Russia. “Sono, è vero, un ketzer (eretico), ma conosco quasi tutti i Cardinali; ho tanto lavorato in Russia per la religione, per la saluta dei Vescovi Cieplak e Budkiwicz [Budkiewicz], ho ricevuto tali dichiarazioni di riconoscenza da parte del SANTO PADRE e del Card. Gasparri, ho dato aiuto così prezioso alla Missione Pontificia di soccorso, al P. Roi ed al P. Germann, che ho il diritto di essere offeso (beleidigt, froissiert), se una personalità cattolica viene a Mosca e non mi fa visita personale. Ho cominciato una lettera al Card. Gasparri ed un’altra al Nunzio Apostolico, nella quale dichiaro di sentirmi offeso, che Lei abbia potuto paragonarmi con qualunque altro Capo di Missione o Ambasciatore: tutti quelli altri non vengono in parallelo mecon [con me] e sono quasi niente (nichts, gar nichts hier); la mia posizione è unica, non soltanto perché sono il decano qui, ma per la mia autorità personale. Ho già fatto tanto per la Chiesa e per la Sede Apostolica, e sono disposto a fare ancora molto per aiutarla. Non si trova qui rappresentata gente cattolica, - perché stimo che la Santa Sede non considera come cattolico quel Mussolini (il cui nome venne detto come sarcasmo); e quando ai Signori Polacchi (disse “die Polacchen”, non “die Polen”, dunque un nome di dispetto), non sono niente, e anche non Herbette (non disse “il Sign. H.). La vera autorità morale qui, il vero difensore della religione e della Santa Sede qui non può essere altro di me, sono il protettore (die Scutzmacht) [Schutzmacht]. E perciò sarei molto offeso se Lei ha avuto istruzione di non visitarmi, molto in diritto di lagnarmi se Lei, senza tale istruzione, ha deciso di non visitarmi o di fare trattative con le autorità dei Sovieti [sovietici] fuori di me. Ne scriverei subito al Card. Segretario di Stato, ne manderò una lettera al Nunzio. Tutte le mie parole sono ben pesate, e Lei potrà riferirle a Roma…….” .
Tutto quel discorso, che sembrava affatto ben preparato, si continuava senza permettermi altro che qualche gesto, o qualche sorriso, venivano in mezzo molti complimenti sulla mia persona, alta autorità ecc.
Ebbi l’impressione che si voleva soprattutto sapere, se avessi una missione di trattative con i Sovieti [sovietici], e perciò, senza disputare se senza rilevare nessuno dei termini, mi accontentai di dire: “Ma quanto Lei è cortese, zelante per le cose religiose, Eccellenza, se Lei s’interessa tanto all’umile lavoro di un Seelsorger, un religioso venuto per aiutare i fedeli nel tempo di Pasqua, con le confessioni e le funzioni religiose! Potrò dire quello zelo a Roma”. = Spiegai in brevi parole, che prima avevo chiesto di vederlo, ma che dopo, per lo scopo puramente spirituale che intendevo, la modestia mi riteneva di non incomodarlo.
Molto più calmo, ricominciò però di spiegare le ragioni che avrebbe avuto di sentirsi offeso. Rispondevo sempre, interpretando le sue parole in senso di gentilezza; prima, lui rigettava l’interpretazione, ma dopo che ebbi detto [dissi]: “Mi rincresce, Eccellenza, (es tut mir leid) che Lei abbia potuto interpretare, quasi fosse stato contro di Lei, un passo che ho fatto all’Ambasciata tedesca e non alle altre, e che aveva dunque un significato di speciale cortesia verso di Lei “, allora dichiarò: “ Non era la gentilezza che mi ispirava, ma il senso dei miei diritti; ma perché Lei, Hochwürdigster Herr Bischof (così diceva sempre, benché due o tre volte dissi, corrigendo, “Pater”), torna così le cose alla gentilezza, l’accetto; considero il caso come liquidato e mi pongo alla sua disposizione per tutto ciò che Lei potrà desiderare da me. Posso tutto ciò che voglio qui; nelle nostre trattative attuali con i Sovieti [sovietici], non possono rifiutarmi niente. Lei forse vorrebbe continuare le trattative cominciate da Mons. Pacelli? = Ma non, Eccellenza. Lei è troppo gentile. Mi basta, se i cattolici tedeschi in [a] Leningrado sono avvisati che potranno nella settimana futura confessarsi nella propria lingua.
= “Ma Lei sa (disse) che si trattava di mandare un Delegato Apostolico a Mosca?”
= “Eccellenza, non ho missione di trattative diplomatiche con i Sovieti [sovietici], ma mi sembra che nè [né] dalla parte loro, nè [né] dalla parte della Santa Sede, il tempo non sia ancora venuto d’istallare una Delegazione Apostolica a Mosca.
= “Giusto, giusto (richtig). Lei s’incontra con il mio parere. Io posso fare per la Santa Sede molto più che non potrebbe fare un Delegato Apostolico. Già l’avevo accennato al P. Walsh, ma quel Padre – scusi, se Lei forse appartiene allo stesso ordine di Gesù – era del tutto yankee, yankee, yanckee. Avevamo ben cominciato insieme, ma, dopo, lui è stato assai imprudente, ha voluto fare da sè [sé], e la posizione gli è diventata impossibile. Avrebbe dovuto intendersi mecon [con me], come l’ho cercato anche con il P. Roi. Lei ha potuto osservare la grande evoluzione dei Sovieti [sovietici] intorno alla religione; quella evoluzione si deve al mio lavoro. Non è bene di essere vanitoso (citel), ma non è vanità di dire tutto ciò che posso ancora fare per la Chiesa. Anzi, se posso aiutarla?
= “La ringrazio, Nel suo zelo, Eccellenza, Lei vorrà forse interessarsi al Sac. Frison, di origine tedesca, …… ecc.: - e spiegai il caso.
Dopo che si fu prima meravigliato che un “Frison” fosse di origine tedesca (deutscher Abstammung), mi disse: “Un caso in Crimea si riferisce al Consule [Console] di Odessa. Lei potrà parlarne con lui, se Lei va in [a] Odessa”, e tornò il discorso.
Di nuovo cercò d’informarsi, se avessi veduto altri Ambasciatori, e mi disse in francese:
= Vous n’avez pas vu Mr. Herbette?
= Mais forcément. Ma question de visa doit se règler par lui.
= Ah! C’est juste. Vous êtes Français?
= Oui, mais catholique. Je ne fais pas distinction entre les âmes que j’aide.
= Schön. Sie sind über alle Nationen; so Ihre Kirche. Schön.
Allora m’invitava a pranzo, quando tornerei di Leningrado o di Odessa, e terminava: “Mi piace molto che il nostro colloquio sia così ben terminato. Non lo nascondo: l’ho cominciato con grande malcontento, ma siamo venuti d’accordo, e vedo che le trattative cominciate con Mons. Pacelli possono continuar[si]. Scriverò domani al Nunzio”.
Mi ricondusse fino alla porta. Passando nella fila dei saloni, ebbi l’impressione che il nostro colloquio era stato probabilmente notato da qualche segretario vicino.
La mia impressione finale è che,
1) avendo saputo la mia presenza in Russia, ha temuto che la Santa Sede non intavolasse colloqui o relazioni con i Sovieti [sovietici] fuori di lui, e che, in tal caso, lui agirebbe possibilmente con forza contro ogni altra influenza;
2) è rimasto persuaso che non avevo missione diplomatica e politica presso i Sovieti [sovietici]; - anzi nessun’altra missione fuori dalle funzioni pasquali;
3) probabilmente avrà penato di avermi fatto impressione della sua forza ed autorità presso i Sovieti [sovietici];
4) probabilmente avrà pensato che mi trovavo [trovava come una] persona molto meno importante ed interessante di quella che aveva pensato e temuto, ma che almeno potrebbe informare la Santa Sede sulla posizione speciale che lui vuol avere nelle negoziazioni eventuali fra la Santa Sede ed i Sovieti [sovietici].
 
Mosca, nella notte dell’8 al 9 Aprile 1926.

Empfohlene Zitierweise:
Dokument Nr. 4, in: Konfessionelle Netzwerke der Deutschen in Russland 1922-1941. Quellen-Datenbank. Hrsg. von Katrin Boeckh und Emília Hrabovec. URL: http://www.konnetz.ios-regensburg.de/dokumenteview.php?ID=4, abgerufen am: 18.04.2024.
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